Buona domenica!
Dopo l’assenza di qualche settimana di assenza dal blog, dovuta alle ferie al sud e a quella strana inerzia di metà agosto che accompagna la consapevolezza che l’estate è quasi finita, insieme alle vacanze, e che la città e la quotidianità torneranno presto a farsi frenetiche, eccomi qui a parlarti di un’azienda vinicola che ho finalmente avuto modo di conoscere da vicino in Basilicata.
L’azienda porta il nome di Elena Fucci, si trova in contrada Solagna del Titolo, a Barile, nel Vulture, dove si produce il vero ed inimitabile Aglianico del Vulture.
Ho sentito Elena, che gestisce l’azienda con la famiglia, per e-mail.
Combinazione: mi dice che è a Firenze dai parenti del marito, ma che la prossima settimana rientrerà e mi dà appuntamento per il 14 agosto pomeriggio, fornendomi tutta una serie di informazioni per il pernottamento e per arrivare.
Il 14 arriviamo a Barile alle 16:00, con ben mezz’ora di ritardo, dovuta al caro amico Google Maps, che ci fa attraversare un bel pezzetto di strada sterrata.
Per arrivare all’azienda, passiamo proprio attraverso i vigneti più antichi dell’azienda e i miei occhi, come sempre, si illuminano di stupore e di impazienza.
Ad attenderci Elena ed un’altra coppia con due bimbi, pronti per la visita all’azienda vinicola.
All’esterno notiamo i lavori di ristrutturazione e ampliamento della struttura, che mi fanno capire che dovrò tornare anche a lavori ultimati. 😊
La cantina è stata ricavata dai locali di famiglia che un tempo ospitavano i mezzi e le attrezzature agricole di nonno Generoso; la barriccaia è stata ricavata scavando nella roccia vulcanica, tanto che sulle pareti si possono notare le stratificazioni storiche di lapilli, cenere e lava.
All’interno della struttura, costruita secondo i principi della bioarchitettura, impiegando tecnologie per il recupero energetico, puoi vedere tutte le attrezzature necessarie alla produzione del prodotto finale.
Come ti dicevo, siamo nel Vulture, terra vulcanica (l’ultima eruzione del vulcano risale a circa 130.000 anni fa), a 600 metri sul livello del mare, con notevoli escursioni termiche tra giorno e notte ed estati brevi.
Il terreno è minerale e su di esso si può chiaramente leggere l’attività del vulcano: le fasi eruttive composte da colate laviche, di lapilli o di cenere, intervallati da fasi di stasi composte da strati di argilla, che consente di trattenere l’acqua con i sali minerali assorbiti.
La superficie di vite è di 6 ettari di terreno, per 45 quintali di uva ad ettaro, con alcune viti che arrivano fino a 75 anni di età.
La forma di allevamento è il Guyot corto, Elena ci tiene a precisarlo!
Quest’ultima ci ha raccontato com’è nata l’azienda: nel 2000, quando si discuteva se vendere i vigneti del nonno Generoso e del bisnonno che circondano le abitazioni di famiglia, fino ad allora utilizzati solo per la vendita dell’uva e per l’autoconsumo, decise di studiare viticoltura ed enologia.
E, siccome le idee chiare sono una prerogativa di Elena, la decisione fu ed è ancora oggi quella di produrre una sola etichetta: Titolo.
Nel 2000 l’azienda è partita con la produzione di circa 1200 bottiglie, per arrivare oggi ad una produzione di circa 30.000 bottiglie.
Elena ha proseguito col parlarci del grande lavoro che viene svolto in vigna.
Sono tenerissimi i racconti di Elena sul nonno, impaziente sulla vendemmia e stupito di fronte alle tecniche, del tutto naturali, per tenere lontano insetti dannosi per la vite.
La vendemmia è tardiva: comincia alla fine di ottobre o persino i primi di novembre e viene effettuata interamente a mano.
L’uva viene diraspata ad acini interi e sosta in vasche d’acciaio 2 giorni. In base alla consistenza delle bucce, generalmente spesse e croccanti, vengono effettuati rimontaggi brevi per non sfaldarle e pigiature soffici.
La macerazione dura 11-12 giorni, poi viene effettuato lo svinatura.
Il vino viene riposo in barriques da 2 ettolitri nel periodo di Natale, dove avviene la fermentazione malolattica, e qui rimane per 12 mesi.
Dodichè rimane in bottiglia un anno prima di uscire sul mercato.
L’imbottigliamento viene effettuato un’unica volta l’anno.
Il risultato è un vino di colore rubino intenso, fruttato (frutti rossi, in particolare la ciliegia e il ribes) e con note speziate (rosmarino, cannella, vaniglia, tabacco), dall’ampia struttura e dalla lunga persistenza aromatica.
E, soprattutto, un vino diretto, dalla grande personalità, capace di esprimersi al meglio soprattutto nel lungo periodo.
Io dico che è inevitabilmente un vino che parla di Elena e della storia della sua famiglia.
Ho avuto il privilegio di degustare l’etichetta anniversario, prodotta dalle uve dei vigneti con 75 anni d’età, di cui sono state prodotte solo 2500 bottiglie, oltre al 2017.
E’ stato un piacere ascoltare i suoi racconti e conoscere una donna cha ha avuto il coraggio di investire, in tempi non sospetti, su un’azienda vinicola, di portarla avanti con studio, ricerca e perseveranza, e di farlo in un territorio difficile, per collocazione geografica e mentalità.
Oggi con orgoglio può dire di aver vinto la sfida più difficile di tutti: aver fatto conoscere e apprezzare l’Aglianico del Vulture, il suo Titolo, in tutto il mondo.
Complimenti per il bell’articolo, predciso, dettagliato e pieno di enfasi. Grazie a te abbiamo l’opportunità. di conoscere la ns Basilicata, da troppo tempo poco conosciuta, in pochi sanno le ricchezze naturali e gastronimiche che abbiamo.Il TITOLO di Elena Fucci e un gioiellino da degustare in buona compagnia
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Grazie del commento e dei complimenti! 🙂 Scrivo da anni per la Toscana, Firenze in primis, e, quando posso, amo scrivere della mia regione d’origine e della sua ricchezza storica, culturale ed enogastronomica. Riguardo al Titolo, Elena è riuscita a produrre un vino che possa essere apprezzato e riconosciuto anche al di fuori della nostra regione. E di persone come queste abbiamo profondamente bisogno.
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