Programmi per il weekend?
Se hai voglia di mangiare etnico e sei in cerca di un ristorante un po’ diverso dagli altri, ecco un’idea: Ararat, il nuovo ristorante armeno aperto agli inizi di ottobre in Borgo La Croce.
Il nome fa ovviamente riferimento al monte più alto dell’Altopiano armeno, nel cuore del Caucaso, sulla cui cima, secondo la Bibbia, Noè sarebbe approdato dopo il diluvio universale.
Il ristorante nasce dall’idea di un armeno e un georgiano di dar vita ad un nuovo format della ristorazione etnica che proponga qualità, raffinatezza, tradizione e convenienza.
In effetti l’ambiente è moderno ed elegante, disposto su due livelli.
A noi è stato riservato un tavolo al piano superiore, in una sala le cui pareti sono ricoperte da scritte in armeno color oro e dov’è collocato un pianoforte elettrico.
Dal menu, illustratoci nei minimi dettagli da una ragazza, si evince che i piatti rappresentano la tradizione di Armenia e della vicina Georgia e siano soprattutto a base di carne, uova, verdure.
Quello che ho scoperto provandoli è anche la forte presenza di spezie e aglio (fiatella assicurata!), ma anche di ottimi impasti.
Come antipasto abbiamo ordinato Pkhali, patè di fagioli, spinaci e melanzane e noci della tradizione georgiana, e Olivier, una sorta di insalata russa con verdure, pollo, uova e maionese, che abbiamo mangiato con il pane tipico armeno, una sorta di focaccia bassa e sottile molto soffice.
A seguire, abbiamo ordinato tutti e 3 i Khinkali proposti: una sorta di ravioli dall’impasto abbastanza spesso, ripieni di carne, funghi e patate, cotti in acqua bollente. A me sono piaciuti tanto soprattutto quelli di patate.
Per finire, abbiamo provato i Khanchapuri Agiaruli, panpizza tipico georgiano, condito con uovo e burro, in cui pucciare il cornicione del pane stesso, sia nella versione classica con formaggio, che nella versione Basturma, con prosciutto armeno.
Abbiamo pasteggiato con un vino bianco georgiano Telavuri 2017. La Georgia, infatti, vanta un’antica storia vitivinicola, nota oggi anche per la vinificazione in anfore di argilla.
I piatti sono abbondanti, sostanziosi e saporiti, per cui, dopo tutto questo ben di Dio, non siamo riuscite a provare anche i dolci.
Abbiamo speso intorno a 33 euro a testa.
Nel complesso l’ho trovato un ristorante etnico effettivamente diverso dagli altri, dove si respira aria di autenticità. Da provare.
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