La scorsa settimana ti ho parlato dell’evento Dit’unto, il Festival del mangiare con le mani a Villa a Sesta (Castelnuovo Berardenga).
Ebbene, ho deciso di farci un salto con le seguenti aspettative: pensavo che arrivare a Castelnuovo Berardegna fosse una passeggiata, che attirasse un afflusso di persone sostenibile e che si trattasse di una manifestazione ben organizzata.
Purtroppo nessuna di queste aspettative è stata soddisfatta!
Tanto per cominciare il viaggio da Firenze non è brevissimo: si prende l’autostrada per Arezzo e si esce a Valdarno, per poi fare una strada provinciale in direzione Siena, ricca di curve. E anche facendo la senese, la situazione non mi sembra che cambi particolarmente. Piccolo consiglio: se soffri il mal d’auto non fare colazione!
Tempo di percorrenza: 1 h e 30′ quasi di viaggio, ma devo ammettere che il paesaggio era veramente bello e meritava. Lungo la strada, in località Ambra, ci ha colpito in particolare una chiesa, circondata da mura medievali. Molto suggestiva!
Poco prima di arrivare abbiamo cominciato a vedere le persone parcheggiare a più di 1 km dall’evento, per cui, pensando di non trovare parcheggio una volta raggiunto l’evento, ci siamo fermati, facendoci 1,5 km a piedi, lungo una strada non troppo sicura.
In effetti avevo letto di un servizio navetta, ma dopo anni di disonorato servizio presso l’Ufficio reclami del trasporto pubblico locale della Regione Toscana, la sola idea di prendere un mezzo pubblico mi disgustava.
Ben mi sta!
Arrivati a Villa A Sesta alle 12:30 abbiamo trovato una coda interminabile ad entrambe le casse. In quel momento ho capito perché sulla pagina Facebook della manifestazione consigliavano di non andare dalle 12:30 alle 13:30. Certo se proprio devo mangiare, preferisco farlo all’ora di pranzo, ma forse questa è una sovrastruttura mentale tipicamente italiana.
Incasso e porto a casa pure questo!
Come immaginavamo, le code non sono terminate alle casse. Una volta muniti di ticket per la degustazione, ci siamo incamminati lungo il percorso dove erano collocati i vari stand o meglio abbiamo seguito la fiumana di gente.
Inutile dire che è stato impossibile provare Le polpette di cinta senese, crema di zucca gialla e cavolo nero de La Leggenda dei Frati (quando siamo ripassati prima di andar via erano finite!), il Tortello maremmano de Gli Attortellati o l’Hamburger di baccalà di Tenda Rossa, viste le file.
Intorno a me sentivo dire che inizialmente il festival non aveva questo genere di afflusso e, con l’arrivo degli chef stellati, ha cominciato ad attirare un maggiore pubblico.
Abbiamo allora adottato l’unica tattica possibile per sopravvivere e soprattutto mangiare qualcosa: degustare agli stand con meno folla, scegliendo tra quelli meno banali possibili.
Abbiamo provato il Confit grillè et Fois Grois dell’Associazione Gli Amici Dei Gemellaggi, le Crespelle alla canapa con cicoria, ricotta e nocciole di Cavolo a merenda, il Panino con la coppa di testa calda, cipolla in tempura, bbq alla Vernaccia e foglie di spinaci di La Gattabuia di Tolentino, i Pappa Donuts di Essenziale, la Degustazione di salumi di selvaggina toscana di Chianti Wild, e visto che ci avanzavano un paio di ticket regalatici da un paio di turisti all’ingresso, la Frittatina di pasta di Osteria Le Logge e i Gelati e semifeddi di Gelateria Pit-Stop.
Nel complesso a me è piaciuto quasi tutto quello che ho provato. Ovviamente ho trovato geniali, come tutto quello che viene servito al suo ristorante, i Pappa Donuts di Simone Cipriani, Donuts ripieni di pappa al pomodoro. Roba da mangiarne a cesti interi e di morire di obesità.
Certo, è stato un peccato non riuscire a farci illustrare i piatti agli stand o gustare in santa pace quello che attirava maggiormente la nostra curiosità, ma credo che neppure gli organizzatori si aspettassero una tale affluenza.
Insomma l’impegno c’è, ma si può sempre migliorare.